51 anni di carriera, 40 dal debutto in Arena e 40 dal debutto alla Scala. «Ho iniziato come meccanico, ma già nel ’51 studiavo canto».
“Avrò dunque sognato” è lo spettacolo che a Modena, al Teatro Comunale Pavarotti, il 5 e 7 aprile 2017, ha permesso al pubblico e al teatro di festeggiare il grande baritono Leo Nucci per il suo 75° compleanno e i suoi 50 anni di carriera. “Avrò dunque sognato” è anche un passo del Secondo Atto, scena 9, del Rigoletto (conversazione tra Marullo e Rigoletto):
“Son felice che nulla a Voi nuocesse L’aria di questa notte. Ah, fu il bel colpo. S’ho dormito sempre. Ah, Voi dormiste. Avrò dunque sognato. La ra, La ra, La la”. Uno spettacolo, quello di Modena, composto dalle parti più importanti per baritono di quattro opere (Luisa Miller, Ballo in maschera, Rigoletto, e finalino con Simon Boccanegra), tutte cantate da Nucci e certamente a tutti sembrava di sognare ascoltandole da un unico interprete. “Avrò dunque sognato” è diventato una realtà musicale rara per la fatica dell’interpretazione. Coraggio e passione di un gigante del palcoscenico.
Abbiamo raggiunto a Monaco il leggendario Leo Nucci, dove interpreta La traviata al Bayerische Staatsoper, per farci raccontare un po’ di storia dell’opera di ieri e di oggi e quali arie canterà nel suo prossimo futuro. Ad inizio conversazione, Nucci parte subito con voce squillante, prorompente, incredibile.
– Maestro Nucci, vorrei innanzitutto focalizzarmi su Verona a quarant’anni dal suo debutto. Era il 1977 con Romeo e Giulietta, regia di Gianfranco de Bosio. Cosa ricorda di quella edizione?
«E’ stato un bellissimo allestimento con un cast di prim’ordine. C’era Fedora Barbieri (Gertrude), c’era un immenso Veriano Lucchetti (Romeo) e poi la straordinaria regia di de Bosio: si passava dal rosso al nero con movimenti di scena perfetti. Mi ricordo quando chiamavo “Romeo” una incredibile pioggia di applausi come per la cavatina del Barbiere».
– L’anno dopo, nel 1978, è tornato con Madama Butterfly nel ruolo di Sharpless. Ma c’è qualche particolarità che lega le due opere in quegli anni…
«E’ vero! Ho uno strano destino che mi lega a Verona. La prima volta che ho esordito in un’opera all’Arena è stata anche la prima volta che quell’opera veniva messa in scena nell’anfiteatro. Si tratta appunto di Romeo e Giulietta e di Madama Butterfly che hanno fatto il loro debutto in Arena quando le ho interpretate. Inoltre, la stessa sorte è accaduta al Filarmonico, sempre nel ‘78, con La bohème».
– Lei fece poi ritorno a Verona per Pagliacci (1993, Tonio), Nabucco e Il barbiere (1996, Figaro). Nel 1998 con Un ballo in maschera (Renato), Nabucco e Rigoletto; nel 1999 con Aida (Amonasro), nel 2000 con La forza del destino (Don Carlo) e La Traviata (Giorgio Germont) durante la Sovrintendenza di Renzo Giacchieri. Ma parliamo del “Rigoletto” e di quel 1991.
«Sì, complessivamente ho fatto più di cento recite in Arena. E poi anche il Rigoletto! Nel 1990 venne a trovarmi a Salisburgo Carletto (nda, Carlo Perucci, direttore artistico dell’Arena nel quadriennio 1986-1990, Sovrintendente Francesco Ernani) e disse “ho pensato di fare a Verona un Rigoletto con te”. Gli risposi: “A sit mat!” (in emiliano), “ma sei matto!”. “Assolutamente no, dobbiamo farlo”, mi riconferma. E qui, nel ‘91, comincia l’avventura del Rigoletto in Arena. Credo più di 45 recite. Il primo realizzato tutto da Sylvano Bussotti».
– Maestro Nucci, lei interpretò Rigoletto dal 1991 al 2013, in nove Festival e con quattro allestimenti diversi. Vorrei parlare dell’edizione 2001 (regia di Charles Roubaud, scene Bernard Arnould, costumi Katia Duflot) che la Televisione italiana (Rai5) ha mandato in onda il 2 aprile per l’omaggio a lei dedicato. Abbiamo così potuto rivedere una grande interprete, Inva Mula, una magnifica Gilda.
«Certamente, bravissima Inva Mula, l’ho portata io a Verona. Avevamo già fatto insieme Rigoletto e nel 2000 abbiamo recitato nella Traviata. L’avevo conosciuta e scoperta a Marsiglia. Ma anche un’altra grande interprete ha cantato con me: Elena Mosuc, sia in quell’anno che nel 2002. Bellissimo l’allestimento del 2001 con due bis, come nell’anno del Centenario».
– E cosa racconta dell’anno 1994, serata per Placido Domingo?
«Abbiamo fatto tre opere, un evento colossale. Il 1° atto di Otello con Daniela Dessì, dove io interpretavo Jago; il 3° atto di Bohème con Cecilia Gasdia (Mimì) e mia moglie Adriana Anelli che cantava Musetta, io ero Marcello; il 3° atto di Aida. Tutte le opere interpretate da Domingo e la direzione del mitico Nello Santi».
– Riprendiamo il racconto della sua carriera. Lei non ha iniziato subito a cantare, in verità faceva qualcos’altro….
«Certo, per dieci anni ho fatto il meccanico ma studiavo canto e musica fin dal 1951. La domenica lavoravo in una ditta di autopullman, facevo il bigliettaio sulla tratta Bologna-Zocca, erano 45 chilometri, e sulla Modena-Montese, sull’Appennino. Ho cominciato a suonare il bombardino nella banda musicale, cioè il flicorno basso in sì bemolle. Ho iniziato canto nel ‘57».
– Maestro Nucci, allora sono 50 o 51 anni di carriera?
«Il primo concerto (in cui sono stato pagato) è stato a Modena nel ‘66, mi avevano dato 20 mila lire. Però, la prima opera da solista è stata Adriana Lecouvreur, a Bologna nel ‘66 con Antonietta Stella e, soprattutto, a Spoleto nel 67, nel Barbiere come Figaro».
– Per la Stagione estiva 2017 dell’Arena farà il regalo di venirci a trovare a Verona?
«Si verso fine luglio, indovini che opera posso venire a cantare? Una recita sola, però!».
– Dove la porterà a cenare il suo Agente e che piatto preferisce ordinare?
«In realtà sono io che porterò a cena il mio agente e ordinerò sicuramente Risotto all’amarone!».
Chiudiamo questa intervista con lo stralcio di una lettera che Nucci inviò al Presidente Giorgio Napolitano nel 2011, a margine di una crisi del Teatro Sperimentale di Spoleto, e a seguito di un appello inviato dai dieci più celebri cantanti d’opera italiani usciti dal bacino spoletano: “Caro Presidente [...] Mi sento in dovere di rivolgerLe un appello a favore del Teatro Sperimentale “A. Belli” di Spoleto. Io, come tanti altri colleghi, ho avuto l’onore e la fortuna di vincere il Concorso dello Sperimentale “A. Belli” di Spoleto. Grazie a tale vittoria dal 1967 ad oggi ho avuto il privilegio di cantare in tutti i più grandi Teatri del mondo portando con orgoglio la nostra lingua in quei luoghi celebrati. L’Opera, nostra invenzione come ha affermato in una bella trasmissione della BBC il Maestro Pappano, è una delle forme d’Arte che tutto il mondo ci invidia. Un Popolo non può annullare la Sua storia, neanche nei momenti difficili. Anzi penso che l’orgoglio e l’onore di appartenenza vadano esattamente nell’altro senso. Lei più di tutti ce lo insegna. Avrò l’onore di cantare a Roma il Nabucco di Giuseppe Verdi diretto dal Maestro Riccardo Muti in occasione delle Celebrazioni della nostra Unità Nazionale. L’Opera lirica è stata parte importante per la realizzazione di tale unità, se non altro come riferimento emozionale e linguistico. Ci aiuti Signor Presidente. Aiuti il Centro Sperimentale “A. Belli” di Spoleto a sopravvivere. Aiuti il mondo della musica Operistica a continuare ad essere quella bandiera dell’Italia che il mondo ama e brama”.
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