L’operetta di Franz Lehár: una sola rappresentazione in Arena con l’esordiente Bocelli. La versione più apprezzata: quella di Gino Landi.
Nelle sue sei edizioni scaligere La vedova allegra di Franz Lehár ha conosciuto cinque diversi allestimenti. Quello a firma di Gino Landi, che debuttò nel 2005 al teatro Filarmonico, fu accolto dalla critica con favore unanime, tanto da guadagnarsi una replica nel 2014 e un’altra ad apertura della Stagione lirica 2017 – 2018.
C’è stata una sola edizione in cui a Verona l’operetta ha sfidato gli imponenti spazi areniani: quella del 1999 realizzata da Beni Montresor (con l’insolito duo Andrea Bocelli – Fabrizio Frizzi), salutata tra fischi e consensi. Dopo il debutto sulla scena veronese nel 1990, per la regia di Filippo Crivelli e la proposta di Mauro Bolognini datata 1995 (con una Hanna Glawari interpretata da Katia Ricciarelli), entrambe “protette” da quell’involucro teatrale di atmosfera intimista che meglio si addice alle storie da operetta, l’operazione di Montresor aveva probabilmente creato diverse attese tra i melomani, più convinti – neanche a dirlo – delle performance di Cecilia Gasdia (nel ruolo della vedova) e del tenore Mario Malagnini (conte Danilo) che dell’approccio da “show televisivo” che vedeva sul palco il conduttore televisivo Frizzi e l’allora esordiente tenore Bocelli. Non mancarono gli appunti alla scenografia, per alcuni critici «troppo fissa, senza arredi, ma ingombrante», così da «impedire i movimenti delle masse», per altri connotata da «una raffinata eleganza di costumi che stride con soluzioni a volte di altro gusto, o si somma a formule a metà via tra Broadway e l’intrattenimento Tv».
La Vedova Allegra nella versione di Gino Landi
Il format dello show viene velatamente ripreso nell’allestimento del 2005, questa volta con un carattere più da avanspettacolo. È il centenario della Vedova Allegra, e in campo scende il regista e coreografo Gino Landi, celebre autore di programmi Tv. La cui impronta si manifesta nell’assegnazione di un personaggio indiscutibilmente maschile, quale è l’impiegato di cancelleria dell’ambasciata Njegus, a un’interprete donna: la comica Chiara Noschese.
Una Vedova «molto applaudita, con ritmi televisivi e da avanspettacolo», scrivono i quotidiani, e una prima da tutto esaurito, omaggiata dal debutto nell’operetta di Amarilli Nizza, tra le più apprezzate interpreti del melodramma. «Finalmente non dovrò morire in scena come spesso mi capita», scherzava con chi la intervistava, definendo la sua parte quella di «una vedova civettuola» e l’allestimento di Landi «uno spettacolo ricco di leggerezza, vivacità, e fantasia», nel segno della tradizione. Altro punto di forza di quell’edizione sono le scenografie di Ivan Stefanutti, pannelli mobili che ostentano imponenti scaloni, tempietti, grandi giardini, scorci luminosi della Parigi notturna o appartati angoli di interno.
Il 2010 vede la regia di Federico Tiezzi e scenografia di Edoardo Sanchi. Un allestimento che “rinuncia a ogni deriva da avanspettacolo”, scrive il critico Cesare Galla su l’Arena, riportando in primo piano “i due nuclei essenziali della partitura, il lirismo sentimentale e la brillantezza leggera, a tratti persino fatua”. Nel rispetto dei caratteri riportati dai librettisti Victor Léon e Leo Stein, i cui dialoghi subiscono solo qualche adattamento alle esigenze del cantato. “Un’edizione asciutta, essenziale, quasi spartana”, prosegue il critico, “che riduce i dialoghi al minimo e musicalmente non bada a fronzoli”. Salvo il numero di varietà concesso per l’esibizione di Can-can.
Inedita nella lettura di Tiezzi è la trasposizione della vicenda nel 1929, epoca della prima grande crisi delle borse mondiali. Il regista immagina, sfiorando un po’ il paradosso, che «i risvolti del Pil dello stato del Pontevedro siano risolti dalle fortune di una famosa ereditiera» (dichiara al quotidiano l’Arena intervistato da Gianni Villani). Una suggestione che dice di come il danaro avesse il potere di dare a quella che era la «”stupidotta del paese” una nuova identità sociale, “un nuovo status” acquisito grazie alla morte del ricco marito.
L’ultima proposta de La vedova allegra, nel 2014, è nuovamente di Landi, che torna con l’idea del 2005 e interprete principale Mihaela Marcu, riprendendo la scelta della personificazione femminile di Njegus, questa volta affidata alla showgirl partenopea Marisa Laurito (presente anche nell’edizione 2014), che rimarca la fastosità dell’allestimento. Anche questa volta sold out alla prima. Per Laurito è il debutto in Vedova Allegra, che l’estrosa attrice definisce «regina delle operette e di tutti i musical a venire». E, a differenza della Noschese, con lei Landi osa di più, trasformando il cancelliere del testo in una segretaria di ambasciata che, “in ilari crescendo, dà prova di buona recitazione e canto, con tanto di spaccata trinonfale”, scrivono i quotidiani.
Un atteso ritorno questo del 2017, con un allestimento, che mette in scena le danze, il matrimonio, l’infedeltà, il denaro, la politica e l’eccentrica mondanità aristocratica, fatua e “donnaiola”, in un clima di decadenza, presagio di un mondo che sta per morire, sempre tuttavia dipinto in maniera gioiosa e festante, in un’atmosfera dorata e fiabesca «molto femminile e tradizionale… perché la gente vuole sognare», come sottolinea Landi.